Il linguaggio della musica. La funzione della musica nel nuovo Messale.

Prima di analizzare le principali modifiche apportate nella nuova edizione del Messale Romano dal punto di vista musicale, penso sia utile approfondire il ruolo che la musica ricopre all’interno della Celebrazione Eucaristica. Come tutti i linguaggi che sostengono l’ars celebrandi, anche quello musicale non costituisce un elemento decorativo superficiale, un abbellimento opzionale, ma appartiene alla forma sacramentale propria del Mistero Eucaristico. ≪Chi canta bene, prega due volte≫ suggerisce Sant’Agostino, perché ≪il cantare è proprio di chi ama≫. Il canto è dunque una grazia che allena all’amore, educa ad essere membra dello stesso Corpo, magnifica la nostra anima fino a farla esultare come viva fiamma d’amore verso il suo Creatore. Durante la Celebrazione Eucaristica, la bellezza dei diversi linguaggi liturgici permette di trascendere e respirare l’eco della gloria di Dio che si rivela attraverso il rinnovarsi dell’evento salvifico. Oggi più che mai, in una società consumistica che desidera attrarre alle cose materiali piuttosto che fare alzare lo sguardo verso il cielo, è necessario riscoprire la bellezza della Liturgia, ≪bisogna pregare Dio non solo con formule teologicamente esatte, ma anche in modo bello e dignitoso. […] Occorre purificare il culto da sbavature di stile, da forme trasandate di espressione, da musiche e testi sciatti, e poco consoni alla grandezza dell’atto che si celebra.≫1

Il ruolo del linguaggio musicale nella Liturgia è dunque quello di ≪elevare gli animi a Dio e alle cose celesti≫ e di ≪aggiungere un notevole splendore alle cerimonie della Chiesa≫2 .   Il termine “splendore” è certamente legato al valore artistico dell’opera musicale che viene eseguita. Tuttavia essa non rappresenta il fine ma solo il mezzo per esaltare e far “risplendere” la natura intrinseca di un rito. Il valore della musica nella liturgia, o più in generale dell’arte sacra, non è nell’opera in sé, che deve comunque essere artisticamente degna, ma nella sua funzione. Il musicista dovrà necessariamente possedere le abilità tecniche per una corretta esecuzione del brano, ma se non riuscirà a percepire il Mistero, per poi comunicarlo in forma musicale, cadrà inesorabilmente nell’idolatria e nell’esecuzione di una musica che canterebbe solo di sé. Il principio conciliare della ≪nobile semplicità≫3 invoca ≪una Liturgia insieme seria, semplice e bella, che sia veicolo del Mistero, rimanendo al tempo stesso intelligibile, capace di narrare la perenne alleanza di Dio con gli uomini≫4 . Questo principio straordinariamente intenso non si deve confondere con una fraintesa ≪povertà liturgica≫ che condurrebbe alla rovina della solennità, fondamento del Culto divino. La Liturgia è la fonte della forza necessaria ad ogni opera apostolica: dove è lasciata al caso, la mancanza di coerenza nei suoi frutti diviene evidente.

La Liturgia richiede ai fedeli una partecipazione piena, consapevole e attiva che deve partire da una predisposizione interiore, attraverso giuste disposizioni d’animo, e manifestarsi poi esteriormente, attraverso i gesti e l’atteggiamento del corpo, le acclamazioni, le risposte e il canto. Dal punto di vista liturgico-musicale non si tratta dunque di abolire un repertorio a favore di un altro, ma piuttosto di cercare un saggio equilibrio che porti a favorire una “actuosa partecipatio” dell’assemblea. Un equilibrio che non riduca il termine “partecipazione” al mero significato esteriore, quello della necessità di un agire comune, ma che intenda guidare i fedeli ad una maggiore consapevolezza del Mistero che viene celebrato e del suo rapporto con l’esistenza quotidiana. «La partecipazione piena non significa che ognuno fa ogni cosa, poiché questo porterebbe a clericalizzare il laicato e a laicalizzare il sacerdozio; e questo non è ciò che il Concilio aveva in mente. La liturgia, come la Chiesa, deve essere gerarchica e polifonica, rispettando i diversi ruoli assegnati da Cristo e permettendo a tutte le diverse voci di convergere in un unico grande inno di lode»5 . La partecipazione non è diminuita dal fatto che un fedele potrebbe non stare cantando ogni cosa in ogni momento: «un amore più grande cercherà una qualità più alta e non soltanto una quantità più abbondante»6 . La musica sacra, perciò, nelle sue espressioni di fede religiosa, fedeltà testuale e misurata dignità, deve diventare un simbolo di comunione ecclesiale. L’istruzione Musicam Sacram, uno dei documenti attuativi della costituzione Sacrosanctum Concilium, descrive dettagliatamente i criteri da adottare per la scelta delle parti destinate al canto della celebrazione eucaristica, in modo che risulti più facile, secondo le possibilità di ogni assemblea liturgica, rendere più solenne la S. Messa. Vengono quindi introdotti tre gradi di partecipazione, dal più importante, nel seguente ordine:
I. I recitativi del celebrante, il Santo e il Padre nostro.
II. I canti dell’Ordinarium Missae (Kyrie, Gloria, Agnus Dei, Credo) e Orazione dei fedeli.
III. I canti del Proprium Missae (Ingresso, Offertorio, Salmo, Alleluia, canto delle letture)
Il primo potrà essere usato anche da solo; il secondo e il terzo, integralmente o parzialmente, solo insieme al primo. La realtà musicale delle nostre celebrazioni, purtroppo, spesso collide fortemente con quanto appena descritto. Nella maggior parte dei casi infatti ci si concentra all’ultimo grado, qualche volta si passa al secondo e, molto raramente, si giunge al primo. Il fallimento di questa consolidata prassi è ormai evidente in quanto la maggior parte delle assemblee liturgiche non canta, nonostante la possibile presenza di cori o guide dell’assemblea. Quello che manca non è appunto la guida, ma l’invito al canto, quello che orienta e conduce l’assemblea verso una partecipazione piena e corale. Se il celebrante canta, l’assemblea risponderà cantando.

La nuova edizione del Messale Romano offre un’enorme opportunità non solo di perfezionare e di riportare il canto liturgico nella sua giusta collocazione ma anche di approfondire la riforma liturgica ispirata dal Concilio Vaticano II. Nel nuovo Messale si è voluto ridare ad alcune sezioni della Messa la dignità che è loro propria, ossia quella di essere cantate. Le melodie, inserite direttamente nel corpo del testo, offrono la possibilità al sacerdote e agli altri ministri di cantare alcuni dei testi lori propri, e all’assemblea di rispondere in modo unanime. Vengono proposte due tipologie di intonazione, entrambe di ispirazione gregoriana, adattate alla nuova traduzione dei testi, che dovranno essere prese come punto di partenza nella scelta dei canti per la Liturgia. Per quanto riguarda la scelta dei canti che fanno parte del secondo e del terzo grado di partecipazione, non presenti nel Messale, si dovrà tenere conto della loro pertinenza rituale, della dignità dei testi, del valore musicale, delle capacità esecutive dell’assemblea, del coro e degli strumentisti. È opportuno far riferimento al Repertorio Nazionale di Canti per la Liturgia e a tutti quei repertori che utilizzano solo testi inseriti nei libri liturgici. È necessario vigilare affinché la parola umana non soffochi l’efficacia della parola di Dio e del gesto liturgico. La musica registrata, sia strumentale sia vocale, non potrà essere usata durante la celebrazione liturgica, ma solo fuori di essa per la preparazione dell’assemblea. Si tenga presente, come norma, che nel canto liturgico deve risuonare la viva voce di ciascuna assemblea del popolo di Dio, la quale esprime nella celebrazione la propria fede. «Il principio della fedeltà, che si traduce in un vivo senso dell’obbedienza, impegna ciascun ministro a non togliere o aggiungere alcunché di propria iniziativa in materia liturgica. La superficiale propensione a costruirsi una liturgia a propria misura, ignorando le norme liturgiche, non solo pregiudica la verità della celebrazione ma arreca una ferita alla comunione ecclesiale.»7

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1 Giovanni Paolo II, Udienza generale, 26 febbraio 2003.

2 Conc. Ecum. Vaticano II, Costituzione sulla sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium (=SC), 4 dicembre 1963, n. 120
3 SC 34
4 Conferenza Episcopale Italiana, Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il primo decennio del 2000 Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, 29 giugno 2001, n. 49.
5 Giovanni Paolo II, Discorso ai Vesovi della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti d’America, 9 ottobre 1998.
6 Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice, La musica sacra a servizio della verità.
7 Messale Romano, ed. 2020, Presentazione, 7